RECESSIONE CONCLAMATA? Qualche consiglio per le aziende che vogliano governare i rischi come occasione di crescita.


Molte le aziende di grandi dimensioni che hanno sviluppato una visione strategica con l’obiettivo di una sostenibilità delle attività nel medio-lungo periodo, basata sull’identificazione e sulla gestione dei rischi aziendali. La crescente sensibilità degli investitori chiede di conoscere in maniera sempre più approfondita le linee strategiche e gestionali delle società, per poterne valutare la sostenibilità, anche ambientale e sociale, nelle loro scelte di investimento e di engagement. In questo contesto è importante che i consigli di amministrazione dedichino particolare attenzione al loro ruolo di indirizzo e supervisione strategica, sulla base di una chiara identificazione dei rischi rilevanti per la sostenibilità dell’impresa nel lungo termine, della determinazione del grado di rischio coerente con gli obiettivi strategici e della definizione di un’adeguata politica di gestione di tali rischi. In questa fase, le incertezze geo-politiche e macroeconomiche costituiscono sicuramente un fattore di rischio rilevante, che deve essere attentamente valutato nelle specifiche situazioni aziendali, e che può richiedere un adeguamento degli scenari di riferimento. Il consiglio principale è quindi quello di sottoporre le strategie in atto ad una sorta di stress test che consenta di valutare i potenziali effetti di un peggioramento delle condizioni esterne, comunicando tempestivamente al mercato le eventuali ricadute strategiche. È certo che lo scenario internazionale si sta complicando e che alcune certezze del passato non lo sono più oggi. Non esistono soluzioni magiche per prevenire eventi non prevedibili nel loro accadere e nella loro evoluzione. Importante però la diversificazione dei mercati e la programmazione per scenari alternativi sono le soluzioni utili, non per evitare gli eventi futuri, ma per essere pronti a gestirli. I mercati di sbocco e quelli di approvvigionamento devono essere diversificati in modo da non dipendere da pochi clienti o da pochi fornitori concentrati in un territorio. Bisogna poi essere in grado di stilare piani industriali e comportamenti alternativi da avviare in caso si dovessero manifestare eventi non previsti. In ultima e non per importanza, l’innovazione. Si tratta di sapere che in qualsiasi momento una innovazione può rendere obsoleti processi produttivi e mercati di riferimento. In questo caso è necessario essere informati portando un’attenzione frenetica agli sviluppi della tecnologia, sia nel proprio settore che in altri, dato che spesso innovazioni studiate per un segmento possono poi trasferirsi a differenti dipartimenti. Pensiamo, per fare un esempio, all’e-commerce che è un prodotto dell’ITC, a sua volta inventato per accelerare le comunicazioni. Per questo molte imprese stanno sviluppando quello che si chiama Corporate Venture Capital, ossia investimenti nel Venture Capital da parte di imprese interessate a essere presenti nei settori dove si sviluppa l’innovazione per avere una visibilità e conoscenza di come può modificarsi il proprio mercato. Il risk manager svolge un ruolo fondamentale per integrare la politica di gestione del rischio nella definizione degli obiettivi strategici dell’impresa. Questo compito è oggi particolarmente complesso perché i fattori di rischio sono sempre più spesso esterni alla specifica attività di business, in un contesto in cui il mercato è diventato molto sensibile alle incertezze macroeconomiche e alla reputazione delle imprese, anche in termini di sostenibilità del loro impatto ambientale e sociale. Una competenza fondamentale di questa figura aziendale è quindi la sua capacità di cogliere per tempo i nuovi elementi di interdipendenza tra l’attività d’impresa e l’ambiente esterno e di valutarne il potenziale impatto sui rischi e sulle strategie. In questa ottica è particolarmente importante che gli assetti di governance delle società garantiscano l’indipendenza del risk manager dalle possibili e spesso inevitabili pressioni interne a conservare priorità e obiettivi della gestione operativa, evitando di apportare i cambiamenti richiesti dall’evoluzione della percezione del rischio che possono influire negativamente sui risultati aziendali a breve termine. L’efficacia della funzione di chi si propone di gestire il rischio d’impresa dipende, quindi, non solo dalle sue specifiche competenze, ma anche, e forse soprattutto, dalla protezione che il sistema di governance garantisce alla sua indipendenza, prevedendo e assicurando canali diretti e adeguati di informazione e confronto con il consiglio di amministrazione e le altre funzioni di controllo.